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Giovanni Bergantino nasce a Foggia il 25 novembre 2004 anche se vive a San Severo trascorrendo la sua infanzia tranquillamente con la famiglia, a scuola, con gli amici, in chiesa. Un bambino come tutti gli altri sempre educato e solare, generoso con tutti ma al tempo stesso riservato.

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LA SCUOLA E LE PASSIONI DI UN BAMBINO… ATTIVO!

A cinque anni inizia a giocare a calcio in una squadra locale, l’Apocalisse, e l’anno successivo frequenta la scuola elementare presso l’Istituto San Giovanni Bosco in San Severo. Giovanni si dimostra particolarmente attivo nelle esperienze scolastiche ed extrascolastiche: canta, balla, recita ed è coinvolto in prima persona in ogni manifestazione. La sua materia preferita è l’italiano, ama le parole e lo dimostra arrivando terzo alle Olimpiadi Nazionali della Grammatica e, sempre nello stesso anno, vincendo un concorso letterario intitolato alla memoria di Salvatore Marracino, giovane militare sanseverese ucciso in un attentato a Nassirya. Chi legge quel tema, scruta la storia di Giovanni; i suoi principi, valori ed un percorso di fede intenso, vissuto con la sua famiglia nella Parrocchia delle Grazie a San Severo che si intensifica maggiormente dall’incontro con Gesù nel Sacramento della Prima Comunione ricevuta ad aprile del 2014.

DAL CALCIO… ALLA SCOPERTA DELLA MALATTIA

Qualche mese dopo, esattamente nel marzo 2015, durante una partita di calcio, Giovanni si fa male, avverte dolori fortissimi all’inguine che lo costringano ad usare le stampelle. I dottori pensano ad uno stiramento, ma ad agosto il malessere si ripresenta più forte di prima ed è necessaria una visita specialistica all’ospedale Rizzoli di Bologna. La diagnosi del tre settembre non lascia scampi: sarcoma di Ewing al bacino, tra i più rari ed aggressivi. La massa è di diciassette centimetri, esplosa, inoperabile e con numerosissime metastasi ai polmoni. Addirittura i medici si spingono oltre: «Difficilmente, Giovanni arriverà al prossimo Natale, ma vogliamo provarci con terapie abbastanza aggressive». Parole forti, toni perentori che lascerebbero basiti chiunque, tranne uno: il diretto interessato. Non solo Giò reagisce con vigore alle potenti medicine, ma ha un’arma tutta sua, il sorriso da trasmettere a chiunque. E così, a dieci anni, proprio quando tutti i suoi amici si siedono tra i banchi di scuola della prima media, Giovanni lotta, in un letto d’ospedale, per la vita, difendendola con ostentazione e tenacia.

Biografia
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GLI INTERVENTI, LE CHEMIO, LE SPERANZE…

A San Giovanni Rotondo, la città di San Pio, partono sei lunghissimi anni fatti di cicli lunghissimi di chemioterapia e continui ricoveri a causa delle numerose infezioni dovute alle basse difese immunitarie. Giò ne prova di ogni: radioterapia al bacino (che gli provoca delle piaghe dolorose e sanguinanti), un trapianto delle cellule staminali costringendolo all’isolamento, in una camera sterile, per un mese senza poter vedere nessuno.Proprio quando la malattia sembra essere in remissione, un altro fulmine a ciel sereno: 3 settembre 2017. Giovanni ha una metastasi di sette centimetri alla testa. Urge l’operazione. Passa l’intervento, vive l’esperienza della rianimazione, ma il suo spirito non muta mai: sorriso e fiducia nel Signore rinnovata, a distanza di pochi mesi dall’operazione chirurgica, con il Sacramento della Cresima. Due anni dopo, nel 2019, finalmente, Giovanni vive la sua quotidianità lontano dall’ospedale!

L’ANGELO GIOVANNI

Il ‘gusto’ della libertà, però, dura poco. A giugno 2020 la situazione precipita; altre metastasi alla testa, secondo intervento chirurgico e perduranti cicli di radioterapia e chemioterapia. «Questa volta, non c’è più niente da fare, Giovanni è pieno di metastasi in quasi tutto il suo corpo». Con il tempo perde l’uso delle gambe e l’autonomia dei movimenti e, senza rendersi conto, entra in coma. Il 3 settembre 2021, a distanza di soli sei anni dalla prima diagnosi, Giovanni diventa un angelo.

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GIO’ LA FORZA… DEGLI ALTRI

Sei interminabili anni. Un’eternità per chiunque, a maggior veduta per un adolescente nel pieno della vitalità. E la vita, la sua, Giovanni l’ama così com’è, malattia compresa. A scuola, quando non riesce a frequentare, Giò chiede lezioni ‘private’ ai suoi professori (sempre molto disponibili) per restare al passo dei compagni e con determinazione e costanza si diploma, nonostante tutti i nonostante, all’istituto Palmieri con eccellenti risultati. L’anno successivo inizia il Liceo Scientifico Rispoli-Tondi e vive gli ultimi tre anni della sua vita mettendo al centro lo studio, le relazioni, la scrittura di poesie (la fede e l’amore, come tematiche di riferimento) ed il disegno. Rassegnarsi all’infelice destino o rimanere ancorati alla potenza della vita. Giovanni ha sempre scelto la seconda destinazione dando forza, semplicemente con il sorriso, non a sé stesso. Agli altri.

UN AMICO FEDELE, ANZI DUE: GESU’ E LA MADONNA

«Non si può avere paura quando si ha fede». No, non è l’aforisma di un Santo, ma sono le parole di Giovanni, un semplice ragazzo con la grazia della fede e la protezione della sua amata Madonna. Tanti sono stati i segni di questo suo legame speciale: all’inizio della malattia, Giovanni sogna di indossare una collanina con la medaglietta della Madonna Miracolosa che lo salvava dagli “uomini cattivi che lo volevano uccidere” e da quel giorno non si è mai più separato da quella medaglietta. Ogni tappa importante della sua malattia coincide con un giorno dedicato alla Madonna. No, non è una coincidenza. È la grazia di Maria concessa al ‘suo’ Giovanni. È la consapevolezza di avere un amico fedele, anzi due: Gesù e la Madonna.

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L’IMMANCABILE ROSARIO E L’INCONTRO CON PAPA FRANCESCO

L’esperienza più emblematica, simbolo del forte legame con la Madonna, Giò la vive con la sua famiglia a Lourdes nel 2017 con la promessa di non separarsi mai dal rosario e dalla recita quotidiana. L’anno seguente, sempre a proposito di incontri che ti cambiano la vita, un uomo speciale visita l’ospedale di San Giovanni Rotondo ed i bambini ricoverati. È Papa Francesco. Per l’occasione, Giovanni gli regala un disegno con un fiore e al centro una frase proprio del Santo Padre secondo il quale “più i fiori crescono tra le pietre e più sono longevi e belli”. Ed infatti, tra “le pietre dure e quotidiane” il “fiore Giò” cresce senza alcun lamento, nessuna lacrima ma solo la felicità di poter godere delle piccole cose. Nonostante la malattia che lo costringe a tante rinunce, uno solo è l’appuntamento immancabile: l’Eucarestia, anche quando la situazione inesorabilmente peggiora. A tutto si può rinunciare, non a Gesù.

«CHIEDO CHE TUTTI GLI ALTRI STIANO BENE»

«Giovanni ma tu quando preghi cosa chiedi?» – gli domanda Padre Raffaele, il suo parroco. «Che tutti gli altri stiano bene» – risponde perentorio Giò. E gli “altri”, decide di incontrali prima di perdere completamente l’uso delle gambe, in un caldo pomeriggio del giugno 2021, per recitare la coroncina alla Divina Misericordia e adorare l’Eucaristica. Davanti a Gesù Sacramentato rimane per tanto tempo e, una volta uscito, dice: «Mamma io non mi sono mai sentito così sereno come in questo momento». Una frase simile la ripete anche quando i dolori sono ormai lancinanti e persistenti: «Non vi preoccupate perché questi sono solo fastidi che non intaccano per niente la mia felicità». Sì, la felicità di Giovanni è nel suo cuore, nell’Eucarestia di cui si nutre, in un rosario bianco che tiene e stinge continuamente in mano. Fino alla fine dei suoi giorni.

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IL BENE FA BENE. LE PRIME INZIATIVE…

La fede forte e sincera di Giovanni ha parlato al cuore di tante persone. Durante gli anni della malattia in tantissimi, pur non conoscendolo, si sono uniti in preghiera per lui. Si dice che «solo chi ha Dio nel cuore guarda e vede oltre» e Giovanni, avendo Dio nel cuore, nella semplicità più assoluta insegnava (e continua a farlo!) a confidare e guardare Gesù. Dopo la sua nascita al cielo, tantissime sono le manifestazioni organizzate in sua memoria; un torneo di calcio e soprattutto un concorso letterario indetto dalle scuole che ha frequentato a San Severo. Anche in questo caso, sebbene si trattasse di poesie e temi, la partecipazione è massiva: bambini, giovani e ragazzi che hanno imparato, attraverso Giovanni, a trovare la felicità e il senso di ogni cosa in Dio. L’ultimo in ordine cronologico è il “regalo” di Marika, una liceale maturanda, che ha dedicato la sua tesina a Giovanni Bergantino. Un giovane che, con il male addosso, ha scelto il bene!

L’EREDITA’ DI GIOVANNI… GLI OCCHI DELLA FEDE

L’insegnamento di Giovanni può essere racchiuso in una frase che lui stesso ha detto, pochi mesi prima di andare via, durante un progetto scolastico: «Mi è capitato di vivere periodi abbastanza complicati ed inizialmente non sapevo come gestirli, tuttavia la consapevolezza che questi momenti costituissero un periodo limitato (e che quindi ce ne sarebbero stati altri da intraprendere e da scoprire), mi ha dato la forza di affrontarli».

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Giovanni Bergantino, un ragazzo che guarda oltre… con gli occhi della fede!